Naomi Klein: una rivoluzione che per ora non c'è

Valeria Fieramonte

 

L'approccio di Naomi Kein è più economico che scientifico, e nelle sue considerazioni politiche prefigura quasi un metodo alternativo di governo del mondo.
   Dato che, secondo gli esperti del clima, ci troviamo negli ultimi dieci anni in cui sarebbe forse ancora possibile invertire il processo di riscaldamento globale del pianeta, ciò che scrive la Klein è dunque oltre che molto interessante anche piuttosto drammatico.
 Il titolo italiano del libro: “ Una rivoluzione ci salverà. Perchè il capitalismo non è sostenibile” ( Rizzoli editore, pp735- 22 euro) è per la verità molto più barricadero di quello originale ma rende lo stesso l'idea.
   Naomi parte dalla presa d'atto che molti di noi rifiutano l'idea stessa di cambiamento climatico e tentano di adottare l'interpretazione  tranquillizzante che continuare a fare come sempre è più economico e vantaggioso.
 Lei stessa ammette di essere arrivata tardi a capire l'importanza delle tematiche ambientali, grosso modo nel 2009,   influenzata da un'altra donna: l'ambasciatrice boliviana Angelica Navarro Llanos, che parlandole delle montagne boliviane un tempo bianche di neve ed ora sempre più grigie e spoglie, sosteneva che per la terra occorrerebbe un nuovo piano Marshall: per ridurre le emissioni di CO2 e i gas climalteranti ci vorrebbe una mobilitazione enorme, la più grande  mai avvenuta nel mondo.
    Certo, il cambiamento climatico, se trattato per quello che è, cioè una vera emergenza planetaria, potrebbe diventare una forza galvanizzante e farci uscire più in fretta dall'era dei combustibili fossili: 'dopotutto ci sono sempre stati abbastanza soldi e i bilanci non sono mai sembrati un problema ai vari leaders quando si tratta di spendere per operazioni militari o di apparati di sicurezza – scrive la Klein -”.  
   Ma purtroppo, come da lei stessa documentato in un altro libro dal titolo 'Shock economy' per ora le varie crisi ambientali  sono servite alle varie corporations sovranazionali solo per arricchire piccoli gruppi  di superricchi che ne hanno approfittato per tagli alla spesa sociale, incentivi alle privatizzazioni e abolizione di ogni tipo di regolamentazione.
   E anche ora ci sono segnali che il cambiamento climatico invece che prevenuto sarà sfruttato: come? Tramite il commercio di 'futures' meteorologici, vere e proprie scommesse bancarie sul clima, o tramite i crediti carbonici, ennesima truffa per permettere di continuare a cementificare i suoli tagliare  boschi come se i disastri fossero un gioco sui tavoli di Las Vegas ( il mercato dei derivati metorologici è quintuplicato tra il 2005 e il 2006) e non una tragedia per i milioni di persone coinvolte.
Per farsi un'idea: negli anni '70 si sono contati 670 disastri ( siccità, alluvioni, incendi, ecc.), mentre nel 2000 sono stati 3322, cinque volte di più: in soli trenta anni, una crescita impressionante.
    La prospettiva che il nostro futuro sia affidato a una banda di giocatori d'azzardo drogati è davvero terrificante ma purtroppo, a stare ai dati della Klein appare anche alquanto realistica.
   Anche sui progressisti ha molto da dire:  un tempo infatti esistevano, basti pensare alle politiche del New Deal dopo la grande crisi del 1929, che hanno portato all 'assistenza sanitaria pubblica, alle pensioni di vecchiaia e all'edilizia popolare.
    Oggi prevale invece solo una frenesia di accaparramento di risorse e di attività di repressione.
 Lo stesso IPCCC ( l'organismo mondiale preposto alla prevenzione dei cambiamenti climatici), in più di venti anni di lavoro non ha ottenuto nulla, anzi è andato indietro.
   Nel 2013 le emissioni globali di CO2 hanno superato del 61% i valori del 1990, epoca in cui sono iniziati i primi negoziati sul clima.
   Eppure certe sfide internazionali, come il buco dell'ozono o la riduzione degli armamenti nucleari hanno visto accordi che hanno rappresentato un reale progresso: come mai non si riesce a fare lo stesso sul clima?

 Per colpa del fondamentalismo di mercato, risponde la Klein, e dei gruppi  planetari che
basano il loro potere e ricchezza proprio sulle energie fossili...
    Il nesso tra inquinamento e sfruttamento è sempre esistito: ma in passato quando i lavoratori si organizzavano per ottenere paghe più alte e migliori condizioni di lavoro, le imprese erano costrette a migliorare sia gli standards lavorativi che quelli ambientali.
    Ora  invece ogni volta che i costi del lavoro salgono le corporations si trasferiscono altrove, in paesi dove il lavoro costa ancora meno ed è possibile inquinare di più senza pagarne lo scotto.

     Va da sé che , se per evitare di superare i due gradi di aumento planetario della temperatura occorrerebbe una transizione completa alle rinnovabili nel giro di un decennio, è ormai chiaro che tutto ciò non avverrà.
   Peggio: la IEA ( l'autorità internazionale per l'energia) ha detto che, se non saremo stati in grado di controllare le emissioni entro il 2017, la situazione andrà del tutto fuori controllo.
  
Per questo il cambiamento climatico si presenta , secondo l'autrice, come un vero scontro tra il capitalismo e il pianeta,: ma per cambiare 'occorrerebbe una visione del mondo in cui la natura e le altre nazioni non fossero viste come avversarie ma come alleate'.
Non pare che a tuttoggi sia una visione del mondo realistica.
     Ormai i ritardi nell'avvio di un'economia basata sulle rinnovabili sono tali che - secondo Yvo De Boer , uno degli ex  dirigenti dell'UNFCCC, ' l'unico modo per raggiungere l'obiettivo dei due gradi sarebbe far chiudere i battenti all'intera economia mondiale!
    Le compagnie dei combustibili fossili ricevono fino a un trilione di dollari di sovvenzioni globali all'anno, ma non sborsano un centesimo per il 'privilegio' di trattare la nostra comune atmosfera come una discarica gratuita. Hanno promesso di investire parte dei loro profitti anche nelle rinnovabili, ma invece investono  nel settore meno del 4% dei loro introiti.
In mancanza di un piano di transizione credibile il fatto che gli stati siano diventati azionisti di maggioranza delle grandi compagnie petrolifere ha un effetto fortemente corruttore, perchè la dipendenza dai petrodollari facili rende meno probabile che i politici introducano norme destinate a colpirne gli introiti.
   Eppure se solo lo si volesse già entro il 2030 il 100% dell'energia potrebbe provenire da fonti pulite. Perchè allo stato attuale si potrebbe ancora sperare: basterebbe un investimento di 400 miliardi di dollari per iniziare a mettersi al sicuro da una prospettiva di irreversibile perdita di controllo circa l'aumento delle temperature sulla terra e per aiutare a creare un vero mercato per le rinnovabili.
   Invece, il denaro che corrompe il processo politico ( l'industria dei petrodollari sborsa solo negli USA 400mila dollari al giorno per fare pressioni sui decisori politici) è come un coperchio che ormai blocca lo stesso istinto di sopravvivenza.
      Di fronte alla sete di denaro, il consenso sembra non avere alcuna importanza e la stessa democrazia viene ridotta in macerie.
    In società in cui 'il profitto è più importante della stessa vita, - scrive l'autrice -  il fallimento dei nostri leaders politici anche solo nel tentare di assicurarci un futuro tranquillo rappresenta una crisi di legittimazione di dimensioni quasi imperscrutabili...'
   La 'grande  transizione', già in atto ma troppo lenta ed ostacolata,   infrangerà tutte le regole ideologiche ma sarà inevitabile se vogliamo impedire che l'inquinamento cambi del tutto il mondo fisico in cui viviamo'  afferma la Klein..
    
   Il suo  programma politico è  chiaro: dice che occorrerebbe vietare ai politici di ricevere donazioni dalle stesse industrie che devono regolamentare in evidente conflitto di interessi, e riprendere 

politiche simili a quelle del New Deal : invece i decisori preferiscono cullarsi nel pensiero magico che, anche se le emissioni climalteranti e inquinanti sono salite del 57% dalla Conferenza di Rio del 1992, all'ultimo minuto saremo salvati dal mercato o dai maghi della tecnologia.
    Che invece purtroppo annaspano in proposte dal folle al vellitario, come quella di oscurare il sole 
o produrre delle macchine cattura carbonio  , tutto tranne che finanziare soluzioni più semplici e sane come il solare, la piantumazione di alberi, i treni e le auto elettriche ecc...
   Gli stessi 'capitalisti verdi'  hanno impiegato miliardi in ricerche senza alcun costrutto, senza risultati  concreti o finalizzate in ultima analisi solo al proprio profitto: in questo senso il giudizio della Klein su personaggi come Gates, Branson, lo stesso Buffet è impietoso.
Non ci si può aspettare che i nuovi oligarchi usino parte delle loro finanze per salvare il mondo perchè anch'essi seguono lo schema di una fiducia indiscriminata  circa qualche scoperta che salverà il mondo all'ultimo minuto.
    Quanto ai geoingegneri radunati nella un tempo restigiosa Royal Society ( la stessa di Newton e Darwin, per intenderci) – la Klein è a tal punto ostile alle loro macchinose ipotesi da definirli una 'geocricca presuntuosa e pericolosa'.
   Per non parlare delle nuove tecnologie del fracking e dello shale oil, da lei definite anche più pericolose per l'ambiente dello stesso petrolio.
   
E Naomi non era neanche preparata per la sorpresa finale: la scoperta delle profonde collusioni tra i grandi inquinatori e le 'Big Green', cioè le grandi organizzazioni ambientaliste...
     Il movimento ambientalista era molto più vivace ad attivo negli anni 70, quando i problemi erano meno gravi di adesso, che sembra diventato quasi un ectoplasma di se stesso.
     E purtroppo anche i paesi in testa alla produzione di energie rinnovabili litigano e si paralizzano tra di loro quando non sono gli avversari ad ostacolarli, segno che la sottovalutazione della gravità dei problemi è pressochè collettiva...
    L'autrice conclude dicendo che tutte le speranze vanno riposte nei movimenti popolari dal basso per bloccare le installazioni e le politiche nocive all'atmosfera.
' La nozione che la scienza ci salverà – conclude – è la chimera che permette alla generazione odierna di consumare tutte le risorse che vuole e impedire il varo di soluzioni realistiche.'

E pensare che, per quanto allarmata, la Klein non fa alcun cennno a problemi come, per esempio, la sovrappopolazione: e che pensa ancora che siamo avvolti inun grosso involucro di atmosfera.
Peccato che non sia vero neppure questo: l'involucro, cioè la nostra coperta atmosferica, misura infatti in altezza solo circa 80km.
Grosso modo la distanza tra due città di provincia in Lombardia....

    
Naomi Klein    
Una rivoluzione ci salverà. Perchè il capitalismo non è sostenibile
Rizzoli editore,
pp735, 22 euro

 

30 Marzo 2015